La scuola dopo il Corona Virus
La pedagogia, intesa come scienza che si occupa dell’educazione dei cittadini, è già impegnata alle prese con le spinte di cambiamento derivanti dalla rivoluzione digitale in corso. Dopo l’epidemia del COVID-19 non potrà ignorare le conseguenze, in termini di discontinuità, della imponente esperienza di homeschooling di massa provocata dalla diffusione della pandemia.
Si può ipotizzare che la scuola futura, se i decisori politici decideranno di confermarne il ruolo istituzionale di principale agenzia educativa, sarà un insieme di tre tipi di attività. Talei attività si svolgeranno in misura decrescente in presenza (in aula), e in misura crescente a distanza (flipped classroom) e in laboratori in cui si farà cooperative learning. In particolare, poi, nei laboratori si impiegheranno le diverse tecnologie, oggi in fase sperimentale, che introducono nei processi di apprendimento elementi di realtà virtuale e aumentata.
La scuola della ‘quarta rivoluzione’, quella digitale, come la chiama Luciano Floridi, filosofo docente ad Oxford, avrà il suo baricentro non nell’insegnante e nell’insegnamento, ma nello studente e nell’apprendimento. Ciò non vuol dire che il ruolo dell’insegnante non sarà fondamentale. Forse lo sarà più di oggi, sarà il regista dei processi di apprendimento di ogni singolo studente.
Tutto ciò comporta un radicale cambiamento del paradigma: la scuola non sarà più centrata sull’offerta (programmi e orari rigidi, standard uniformi di apprendimento e di valutazione, apparati organizzativi più o meno accentrati), ma sulla domanda (personalizzazione degli itinerari formativi, sviluppo delle soft skills, diversificazione degli stili e dei ritmi di apprendimento degli studenti a cura di scuole che agiscono in piena autonomia).
La scuola dopo il Coronavirus dovrà scegliere tra due scenari: uno continuista, con il ritorno della scuola allo status quo ante COVID, e uno dis-continuista, che partendo da una analisi di quanto accaduto in questi mesi di didattica a distanza forzata guarda a un modello diverso, come quello delineato nella notizia precedente.
A questo proposito è interessante quanto scrive Vittorio Midoro, uno dei più autorevoli esperti italiani di tecnologie didattiche, in un articolo pubblicato sul sito Agendadigitale.eu: “Il Covid-19 ha portato il mondo della scuola a un bivio. Se, passata l’emergenza, riterrà che tutto dovrà tornare come prima, avrà perso l’occasione per fare i conti seriamente con la rivoluzione digitale, rimanendo invischiata nella crisi in cui si dibatte. Se invece vorrà affrontare i problemi messi a nudo dall’emergenza, ne uscirà con la consapevolezza della necessità di imboccare la strada che conduce a una nuova scuola per la società digitale”.
Tra i politici (e sottolineiamo che il luogo più appropriato per discutere su un nuovo modello di scuola è il Parlamento) è Valentina Aprea, deputata e responsabile per l’istruzione di Forza Italia, a battere su questo punto in una nota nella quale dichiara, tra l’altro, che “se il mondo non sarà più lo stesso dopo il contagio del coronavirus ai popoli del pianeta, è inaccettabile pensare che ancora una volta solo la scuola debba ricominciare a settembre con gli stessi schemi e i vecchi riti, propri di un sistema educativo fermo a paradigmi del novecento”. E aggiunge: “non è il tempo delle polemiche, ma delle visioni.” Ci vuole “una Fase due di interventi per riscrivere su nuove basi il sistema educativo nazionale”. “La prima mossa – afferma Aprea – deve riguardare l’abolizione del valore legale del titolo di studio, secondo la visione di Luigi Sturzo e di Luigi Einaudi”. Elemento indispensabile per cambiare realmente è “la formazione iniziale e continua dei docenti nella direzione di un modo di fare scuola che deve essere del terzo millennio. A partire dalle più essenziali competenze digitali per l’uso di device attraverso reti accessibili e funzionali, i docenti italiani devono ripensare il proprio ruolo in modo interdisciplinare e molto più giocato sulle soft skills che sulle singole discipline e le formule teoriche di trasmissione e verifica dell’apprendimento”.
A nostro avviso quanto sta avvenendo nelle scuole e nelle case degli italiani a seguito dell’epidemia segna un punto di svolta irreversibile.
A settembre 2020, anziché tentare di “recuperare” spezzoni di vecchi programmi della vecchia scuola, sarebbe saggio e lungimirante aprire il cantiere di una scuola nuova, da (ri)costruire a partire dagli studenti, preparandoli per quanto possibile a un futuro che – piaccia o no – sarà dominato dalle nuove tecnologie.
Prepararli vuol dire anche offrire loro quelle riserve di umanesimo, di cultura, di valori che sono patrimonio dell’umanità, che vanno però trasmessi secondo i meccanismi di apprendimento di questa era, avvalendosi anche delle tecnologie a disposizione. Come strumento e non come fine, ça va sans dire.
Ma oggi, dopo un mese di esperienze non facili e dagli esiti contrastanti, dopo decreti e ordinanze predisposti per cercare di risolvere i mille problemi emersi nella complessa gestione dell’emergenza, dopo la predisposizione di un decreto legge che prospetta modifiche all’intero sistema scolastico che dovranno (o dovrebbero) essere eccezionali e transitorie; dopo questa fase emergenziale la scuola non potrà essere più la stessa non solo per l’insegnamento in presenza e/o a distanza.
La scuola non sarà più la stessa nei rapporti tra docenti e genitori, dopo che entrambi hanno avuto concreta consapevolezza reciproca dei rispettivi ruoli e funzioni.
La scuola non sarà più la stessa, dopo che i docenti sono stati costretti a riscoprire il loro ruolo di educatori in un rapporto più umano ed empatico con i propri alunni.
La scuola non sarà più la stessa, dopo che la tradizionale valutazione degli alunni è stata messa alle corde nella sua formulazione sommativa e gli esami sono stati costretti a scendere dal loro piedistallo per diventare quasi soltanto simulacri del loro passato.
La scuola non sarà più la stessa, dopo che gli organi collegiali, anche nell’imprevista modalità della video conferenza, hanno mostrato i limiti di una funzione diventata ormai superata e anacronistica.
La scuola non sarà più la stessa, dopo che la comunità prigioniera di questa pestilenza è stata costretta a riscoprirne anche la funzione sociale e vitale per il futuro della ricostruzione.
Per essere veramente SCUOLA, quella che uscirà da queste macerie di dolore dovrà essere ripensata quasi integralmente.
Sarà la riforma del Covid-19. Ma anche dalle tragedie più gravi si può trovare la forza di ricostruire un mondo migliore.